L’imposta sugli extra margini delle banche: l'attenta analisi di Clara De Bonis

di Clara De Bonis 05 Settembre 2023

Ha generato un grande dibattito l’imposta sugli extraprofitti delle banche, introdotta dal Decreto legge omnibus, entrato in vigore l’11 agosto 2023.

Molti sono gli elementi indeterminati, che saranno più chiari con la conversione in legge del decreto.
Il termine “extraprofitti” non è appropriato, anche se è l’espressione che si utilizza correntemente; verosimilmente gli extraprofitti delle imprese consistono in un guadagno superiore (rispetto a quello normalmente conseguito) dovuto ad alcune situazioni congiunturali particolarmente favorevoli. Infatti, così come quando iniziano la propria attività le imprese assumono il rischio d’impresa - cioè investono capitali e rischiano anche di perderli - così anche quando hanno degli utili maggiori, in funzione di circostanze contingenti ad esse propizie, non devono pagare altre imposte.
Questo è un principio generale, rispetto al quale possono esserci delle eccezioni, com’è avvenuto in tempo di pandemia per la crisi energetica, allorquando è stata introdotta un’imposizione degli extraprofitti delle imprese energetiche (in quell’occasione per aiutare le famiglie disagiate a far fronte al caro-bollette) che avevano beneficiato in misura maggiore della situazione, sebbene poi, per effetto di una serie di eventi, il gettito che ne è derivato sia stato più limitato del previsto.
Le questioni “calde” sono due .
1.Nel settore bancario, si registra la recente introduzione nel Decreto omnibus ( D. Legge n. 104/2023 ) di un’imposizione del 40% sugli extra margini (definiti ingiusti dalla Presidente Meloni nella sua rubrica social “gli appunti di Giorgia”) che non per tutti risulta di chiara comprensione; si tratta della imposizione fiscale sulla differenza tra l’ammontare degli interessi attivi e degli interessi passivi delle banche. In parole semplici sulla differenza tra il tasso d’interesse che le banche applicano per prestare i soldi ai clienti ed il tasso d’interesse che riconoscono a chi deposita i soldi.
Tale imposizione attiene solo all’aumento del margine d’interesse che le banche hanno registrato nel 2023 eccedente per almeno il 10% il margine d’interesse del 2022; attiene altresì a quello registrato nel 2022 che supera di almeno il 5% il margine d’interesse ottenuto nel 2021, quando non era iniziata la politica di aumento dei tassi da parte della BCE (finalizzata a ridurre l’inflazione). ( Fonte: Corriere.it del 10 agosto 2023). Potrebbe, pertanto, configurarsi come un’imposta patrimoniale straordinaria. Le risorse così recuperate saranno impiegate per sostenere le famiglie e le imprese attanagliate dall’alto costo del denaro, che rende proibitive le spese di un mutuo.
L’interprete deve porsi la domanda sul “se la scelta del governo sia corretta”.
L’analisi della ricostruzione storica circa la natura giuridica e la funzione degli istituti bancari, può giovare a fornire una risposta al quesito.
Ai sensi dell’art. 1 della legge bancaria del 1936 (R.D.L. 375/1936), la raccolta del risparmio e l’ esercizio del credito sono funzioni di pubblico interesse ; più precisamente fino al 1993, per le banche non era previsto lo scopo di lucro, introdotto dal d.lgs. n. 385 del 1993, detto Testo Unico Bancario (di qui in avanti indicato con l’acronimo T.U.B.), che ha sancito la natura d’impresa delle banche.
Queste ultime, infatti, a mente dell’art. 10 del T.U.B. sono diventate imprese a tutti gli effetti, da quando, con l’entrata in vigore dello stesso T.U.B. (1993) guardano agli utili ed al profitto; al contempo, però, esse mantengono anche una funzione di pubblico interesse , che non è stata cancellata dal T.U.B. e quindi devono essere socialmente responsabili. Proprio a questo riguardo gli istituti di credito hanno avuto un comportamento scorretto, in quanto, al cospetto dei rialzi dei tassi d’interesse prodotti dalle manovre di politica monetaria della Bce, hanno innalzato eccessivamente i tassi attivi, cioè gli interessi che pretendono quando famiglie e imprese chiedono dei prestiti, ma non hanno minimamente aumentato i tassi passivi sui depositi che la clientela effettua, come invece sarebbe stato doveroso.
Le banche, quindi, hanno avuto un comportamento non leale e soprattutto hanno violato precetti costituzionali (si pensi alla tutela del risparmio ex art. 47 della Costituzione) e sanciti da norme speciali di provenienza comunitaria.
Di conseguenza, alla domanda se sia corretta la scelta del governo d’intervenire con tale prelievo, sembra doversi dare risposta affermativa. Ragion per la quale non pare condivisibile la critica mossa dai commentatori di area liberista, secondo cui l’intervento dello Stato mediante tale prelievo lederebbe il principio della libera concorrenza.
Invero, secondo il T.U.B., benchè siano delle imprese, le banche rivestono una particolare natura poiché gestiscono denaro della collettività ed il loro scopo di lucro è soggetto per forza a dei controlli.
La loro posizione è ASIMMETRICA rispetto al cittadino (risparmiatore/ consumatore/ contraente debole), nel senso che è totalmente sbilanciata; ciò che se ne desume è il loro agire esclusivamente a loro vantaggio e del tutto noncurante di garantire gli interessi dei clienti.
Questo comportamento che è prassi ormai consolidata, merita di essere colpito con una sanzione che non infligge un vulnus al principio della libera concorrenza, bensì tutela i cittadini/clienti in posizione di debolezza rispetto agli istituti di credito in posizione dominante.
A modesto avviso di chi scrive, infatti, non si tratta di un intervento statalista punitivo del merito “imprenditoriale” degli istituti di credito. Si ribadisce, infatti, che, avendo una funzione sociale ed economica di pubblico interesse, le banche non sono imprese qualunque, quindi i loro sovra guadagni, attribuibili ad “una rendita da posizione egemone”, arrecano un grave pregiudizio ai cittadini bisognosi di credito.
Per usare la metafora dell’economista liberista Adam Smith, non interverrà la mano invisibile del mercato a riportare equilibrio tra le posizioni dei due soggetti (banche e clienti).
Si ritiene, dunque, che seppur in minima parte, questo prelievo sortirà un effetto di riequilibrio tra le banche ed i cittadini; riequilibrio che necessita dell’intervento dello Stato (che ha la responsabilità politica, oltre che il dovere morale), giacchè, per l’appunto, il mercato mai correggerà autonomamente i propri abusi. In tutta evidenza, l’intervento dello Stato di redistribuire le risorse tra chi ne ha troppe e chi ne ha poche è motivato da distorsioni del mercato che per niente attengono alla libera concorrenza, tanto cara ai fautori del libero mercato. (fonte: sole 24 ore.com del 10 agosto 2023).
Il gettito avrebbe dovuto essere più considerevole, poi, ai fini della salvaguardia della stabilità degli istituti bancari, il ministero dell’economia ha fissato come tetto massimo del prelievo lo 0,1 % del totale dell’attivo dello stato patrimoniale delle banche, che è un limite non elevatissimo. Di talchè, si prevede che il gettito che ne potrà derivare sarà inferiore a quello che si pensava in origine.
A livello politico la norma ha generato all’interno della maggioranza notevoli discussioni: Forza Italia, ad esempio, sostiene che, in sede di conversione, bisognerà rendere deducibile quest’imposta (allo stato attuale non lo è) ed inoltre escluderla per i piccoli istituti di credito (fonte : Il Sole 24 ore.com del 16 agosto 2023). Con particolare riferimento alle banche di credito cooperativo, che non hanno una finalità di lucro (ma uno scopo mutualistico), e vanno aiutate, essendo più piccole e con maggiori difficoltà. Si osserva, però, che esse, pur essendo per loro natura più vicine alle esigenze del territorio e della clientela, al pari delle altre, non hanno innalzato i tassi passivi (ossia quelli a favore dei clienti depositanti).
Inoltre, per il suddetto partito bisogna escludere i titoli di Stato dal computo degli extra margini, altrimenti si colpirebbero anche i rendimenti dei BPT, e cioè la remunerazione che lo Stato riconosce alle proprie obbligazioni (Fonte: il sole 24 ore.com del 27 agosto 2023).
In via conclusiva, si può affermare che il provvedimento del governo intende essere una misura di equità sociale; certamente l’esecutivo dovrà preventivamente stabilire degli accorgimenti che obblighino le banche a non rivalersi su correntisti ed azionisti.
2. L’ altro tema di approfondimento è quello dei Mutui A Tasso Variabile: in questo tipo di contratti di mutuo, nella maggior parte dei casi le banche predefiniscono una soglia MINIMA cosiddetta floor (pavimento) al di sotto della quale il tasso d’interesse del mutuo variabile non può scendere, mentre troppo spesso non predeterminano la soglia MASSIMA cosiddetta cap (berretto), oltre la quale il tasso d'interesse non potrà mai salire. Vi è più, a causa della scarsa educazione finanziaria, il cliente non se ne preoccupa.
La condotta delle banche sarebbe più bilanciata, invece, se, al momento della concessione di un mutuo, esse predefinissero anche il limite massimo del tasso d’interesse , nel rispetto di chi richiede un prestito.
il discorso è in divenire, al provvedimento potranno essere apportati dei correttivi sia dal governo, che dal Parlamento in sede di conversione .
In definitiva, seppure necessiti delle opportune modifiche, può affermarsi che, il Decreto Legge n. 104/2023 nel suo complesso sembra avere una finalità redistributiva delle risorse . Se nella sua versione finale sarà confermato lo scopo di sostegno a famiglie ed imprese frustrate dal rialzo dei tassi sui mutui ipotecari e prestiti bancari, il contributo chiesto dallo Stato alle banche risulterà in sintonia con i principi costituzionali dell’eguaglianza sostanziale (di cui all’art. 3, co. 2 Cost.) e con il limite dell’utilità sociale, in ossequio alla quale deve svolgersi un’attività economica (ex art. 41,co.2, Cost.), sempre in una prospettiva solidaristica.
Clara De Bonis

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