Junior Cally: l'Assessore alle Pari Opportunità dice no alla sua partecipazione a Sanremo

L’Assessora alle Pari Opportunità del Comune di Trepuzzi, Anna Maria Capodieci, ha firmato il documento che dice di NO alla alla partecipazione a Sanremo di Junior Cally.

L'Assessora ha inteso firmare il documento/petizione promosso dall’assessorato alle PO della Provincia di Lecce e rilanciato a più livelli in tutta Italia. Questo il contenuto del documento.

Per capire la crudeltà e la volgarità dei testi e del messaggio sociale di Junior Cally, scelto per partecipare a Sanremo, è sufficiente leggere la prosa delle sue canzoni e guardare qualche video clip «L'ho ammazzata, le ho strappato la borsa. C'ho rivestito la maschera». Su queste parole, il videoclip mostra il cantante muoversi di fronte ad una ragazza legata mani e piedi a una sedia e con un sacchetto sulla testa, mentre cerca di liberarsi. Prendiamo anche ad esempio l’incipit di “Tutti con me”, una vera lirica ispirata all’amore libero che recita: “Mi metto sul cazzo la maschera/Vediamo se chiedi di toglierla, okay./ Poi te lo metto nel culo/Mentre sei piegato a raccoglierla/ Sono un caso popolare/Sono un caso da studiare”. Come non ammirare poi la visione di Cally sui rapporti interfamiliari recitato in “Lo Zio” dove rappa: “Ma fai una cosa: dagli l'appuntamento, perché così lo ammazzo di botte io, 'sto infame. No, zi', tu devi stare tranquillo, non ti preoccupà dagli appuntamento: "Dove ci vediamo?" e basta, poi arrivo io e lo gonfio di botte”. Pertanto di fronte alla scelta di far partecipare al festival di Sanremo 2020 il cantante JuniorCally esprimiamo piena contrarietà.

Siamo sconcertate dalla linea seguita dal Festival di Sanremo - ha affermato l’assessora alle PO Anna Maria Capodieci - che prevede la presenza tra i concorrenti in gara del cantante Junion Kelly, il quale è conosciuto per i testi che inneggiano alla violenza contro la donna. Rispetto a tutto questo, teniamo il pugno duro sul non giustificare l’assorbimento di linguaggi sessisti e denigranti per le donne in quella che definiscono “arte”. Perché tutto questo non rientra assolutamente nella libertà di espressione, dove non esiste giusto e sbagliato, questa è una cosa sbagliata e basta, che svilisce anni di lotte e dimostra, ancora una volta, il rimanere ad occhi chiusi di fronte a donne che ogni giorno muoiono invano per mano di un uomo. Per questo sosteniamo con fermezza di non sentirci appartenenti ad un servizio pubblico che invece di essere uno strumento forte contro le discriminazioni, promuove anti-cultura.

Ilaria Bracciale

Redattrice

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(Henri Bergson)

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