Case popolari, bufera a Palazzo Carafa: arrestati tre consiglieri. Indagato Marti

di 07 Settembre 2018

Voti in cambio degli alloggi? Terremoto a Palazzo Carafa. Lo tsunami scaturito dalla famigerata inchiesta avviata sei anni fa dalla Procura di Lecce sull’assegnazione delle case popolari coinvolge politici e dirigenti del comune di Lecce.

La clamorosa svolta nelle prime ore di oggi: agli arresti domiciliari sono finiti gli ex assessori della giunta Perrone e attuali consiglieri comunali di minoranza, entrambi di centrodestra, Attilio Monosi (Direzione Italia) e Luca Pasqualini (gruppo misto), nonché il consigliere di maggioranza Antonio Torricelli, del Pd. Con loro ai domiciliari anche il dirigente comunale Lillino Gorgoni e il 27enne Andrea Santoro, di Lecce. Custodia cautelare in carcere, invece, per Umberto Nicoletti e Nicola Pinto, di 31 e 41 anni, leccesi, entrambi inquilini di alloggi popolari. Misura interdittiva, poi, per i dirigenti e i funzionari dell'ufficio casa Piera Perulli, Giovanni Puce, Paolo Rollo e Luisa Fracasso. Sono tutti accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale.

In tutto sono 47 le persone iscritte nel registro degli indagati. E nell’elenco ci sono anche nomi eccellenti come quello del senatore della Lega, Roberto Marti, che all’epoca dei fatti era Assessore alla Casa, che deve difendersi dall’accusa di abuso di ufficio, falso e tentato peculato. E poi anche ex assessori ed ex consiglieri comunali come Nunzia Brandi e Damiano D’Autilia, nonché il segretario generale Vincenzo Specchia, in pensione da poche settimane.

L'inchiesta della Guardia di Finanza è coordinata dai sostituti procuratori Massimiliano Carducci e Roberta Licci. E le misure cautelari, contenute nell’ordinanza del gip Giovanni Gallo, sono state eseguite dagli stessi uomini delle Fiamme gialle.

Il lavoro degli inquirenti, che parte dal lontano 2012, ha acceso un faro su un presunto mercato di voti alla base dell'assegnazione di alloggi popolari: aggiudicazioni che secondo l’inchiesta sarebbe state fatte bypassando l’apposita graduatoria relativa.

La tesi degli investigatori è chiara: le case popolari venivano assegnate in cambio dei voti che i beneficiari degli alloggi si impegnavano a procacciare ai politici che li avevano favoriti.

Ilaria Bracciale

Redattrice

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(Henri Bergson)

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