Ma né prima né dopo il Lecce convince con il suo "433" (rigorosamente tra virgolette). Gli esterni alti (impalpabile Olivieri) sono sempre troppo lontani da Coda, costretto ad arretrare e a giocare quasi da falso nove per vedere qualche pallone; a centrocampo i tre fanno il compitino sempre con poca personalità. Non ci sono idee e fluidità di gioco, il solo Calabresi si salva sulla fascia destra, male gli altri difensori che assistono prima al quasi immediato pareggio dei grigi e poi addirittura, a inizio st, al gol del vantaggio ospite.
Inutile girarci attorno, la partita cambia quando entra Pablito, che dà velocità e brio, con Baroni che man mano passa ad un 442 con Hjulmand e un buon Bjorkengren centrali, Paganini e Di Mariano sulle fasce, Coda e Rodriguez punte.
I giallorossi finalmente attaccano con con più pericolosità, continuano a fare confusione ma batti e ribatti prima costringono i grigi a restare in dieci, poi pareggiamo con un gran tiro di Pablito ed all'ultimo respiro la vincono in mischia con bomber Coda.
Il punto non è se la vittoria sia meritata (quella degli ospiti sarebbe stata eccessiva come lo è quella del Lecce) perché nel calcio contano i gol, come accadde 4 anni fa in quel play off (che forse da oggi ha smesso di gridare vendetta) proprio contro i grigi, perso dal Lecce ai rigori dopo innumerevoli gol sprecati.
Il punto è che questo Lecce, ad oggi, non sembra ancora avere trovato un quadra, un filo di gioco ben definito e sufficienti certezze, se non quella di sapere di avere diversi giocatori top per la B, iniziando da Coda e Pablito.