Nerone responsabile dell’incendio di Roma, solo una fake news. Parola di Alberto Angela

La storia è una disciplina suscettibile di essere rivista e riscritta? E’ materia viva, con possibilità di poter essere rivista, riscritta, messa in discussione?

Sembrerebbe di si. Certo il rischio di semplificare, banalizzare o addirittura falsificare la storia è un pericolo sempre in agguato. Ma quando a rivederla e riscriverla è un personaggio autorevole come Alberto Angela possiamo stare un po' più tranquilli ed approcciarci alla lettura in maniera più serena.
Alberto Angela è un paleontologo, divulgatore scientifico, conduttore televisivo, giornalista e scrittore che non ha bisogno di molte presentazioni. I suoi studi spesso fanno luce su episodi che consideriamo da sempre come scontati e senza possibilità di essere confutati.
Angela in un racconto in esclusiva per il quotidiano “La Repubblica”, pubblicato oggi in quattro pagine (23 – 24 – 25 – 26) rivela che Nerone passò alla storia come il responsabile dell’incendio di Roma avvenuto ila notte tra il 18 e il 19 luglio dell’anno 64 d.C.
Le cose, però, secondo lui andarono diversamente di quanto abbiamo finora letto sui libri di storia. Vi presentiamo la prima parte del racconto di Alberto Angela invitandovi a leggere i suoi due libri sull’argomento, “L’ULTIMO GIORNO DI ROMA” e “L’INFERNO SU ROMA”.
“Quando si pensa ai Romani, la prima immagine che ci viene in mente è quella di un popolo pragmatico, in grado di realizzare quelle eccezionali opere ingegneristiche che ancora oggi ammiriamo sbalorditi. Un fatto meno noto è che i Romani fossero anche un popolo ossessionato dalle superstizioni. Le loro abitazioni, le loro botteghe erano ricolme di portafortuna e altri oggetti scaramantici. Nel loro elaborato calendario erano indicati con precisione alcuni giorni, chiamati dies atri, “giorni neri”, considerati funesti e forieri di sventure nei quali era sconsigliato — o addirittura vietato — svolgere determinate attività, come sposarsi, mettersi in viaggio, o tenere assemblee pubbliche.
Uno di questi era il 18 luglio. I Romani ricordavano quella data, oggi per noi poco significativa, per una delle sconfitte più brucianti della loro storia, quella della battaglia del fiume Allia, al termine della quale i Galli Senoni, guidati da Brenno, occuparono e saccheggiarono Roma. Era il 390 a.C. e da allora passeranno ben ottocento anni prima che la città eterna sia nuovamente conquistata da un popolo straniero, questa volta per opera dei Visigoti di Alarico.
Per uno di quegli strani scherzi del destino, in quella stessa data è avvenuto un altro degli eventi più drammatici — e famosi — della storia di Roma. Proprio nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 64 d.C. ebbe infatti inizio il Grande incendio di Roma, l’incendio di Nerone. Una tragedia di fuoco che durò nove giorni cambiando per sempre la storia di Roma e probabilmente di tutto il mondo. È sulle ceneri dell’incendio che sorgerà la Roma antica i cui resti possiamo ammirare oggi, con il Colosseo e altri monumenti famosi. Non solo. Senza il martirio dei cristiani è lecito chiedersi se la Basilica di San Pietro sarebbe mai stata costruita dal momento che è stata edificata sulla tomba di Pietro. Probabilmente sarebbero sorti altri luoghi di culto della cristianità non meno monumentali ma difficilmente sarebbe stata questa Basilica con tutta la sua storia.
Un evento quindi di grande rilevanza, la cui portata storica viene spesso sottovalutata, oscurata dalle tante leggende che lo circondano. A partire da quelle sulle responsabilità di Nerone. Pochi sovrani dell’antichità hanno goduto di una pessima fama quanto il quinto imperatore di Roma… In alcuni casi si tratta di quelle che oggi definiremmo vere e proprie “fake news” scritte dai suoi detrattori, in genere i membri tradizionalisti del Senato, che con lui furono quasi sempre in conflitto. Come accadde in occasione del Grande incendio del 64 d.C. Quasi all’unanimità, gli storici antichi hanno accusato Nerone di aver appiccato intenzionalmente il fuoco a Roma per poter così realizzare i propri megalomani progetti edilizi, tra cui la sua nuova gigantesca villa imperiale, la Domus Aurea.
Oggi gran parte degli storici moderni scagiona l’imperatore da questa accusa infamante, fatta probabilmente circolare dai senatori ostili a Nerone allo scopo di screditarlo. L’ipotesi più accreditata è che, più banalmente, le fiamme abbiano avuto un’origine accidentale, come capitava di frequente nella Roma antica dove gli incendi costituivano uno dei problemi più gravi e temuti. Alcuni studiosi hanno calcolato che dal I secolo a.C. — la fine della Repubblica — alla caduta dell’impero, nel 476 d.C., a Roma si sia verificato in media un grande incendio ogni dieci/quindici anni. È un numero elevatissimo se paragonato alle notizie di incendi in città ai giorni nostri, ma che non deve stupire.
Fino all’avvento dell’elettricità, il fuoco era utilizzato per uno svariato numero di attività: la cottura dei cibi, il riscaldamento, l’illuminazione. Inoltre le abitazioni contenevano moltissimo materiale infiammabile. Gran parte degli edifici era costruito in legno, e lignee erano quasi tutte le parti interne come scale e soppalchi. Molto diffusa era anche la paglia, usata sia per gli animali che come giaciglio dagli schiavi e dalle fasce più povere della popolazione.
Questi elementi, insieme con la mancanza di acqua corrente nella maggior parte delle case, rendevano le città antiche particolarmente vulnerabili al pericolo d’incendi.
Nel caso di Roma, poi, altri fattori concorrevano a renderla ancora più esposta a questo tipo di calamità. In primo luogo era una metropoli gigantesca, la più grande al mondo, con una popolazione che ai tempi di Nerone raggiungeva circa un milione di abitanti. La sua struttura urbanistica era inoltre molto disordinata. La capitale dell’impero, fatto curioso se pensiamo a come sono ordinate le colonie fondate dai Romani, si era infatti sviluppata senza un piano regolatore vero e proprio, ma seguendo la morfologia del territorio, costituita da colli sparsi (i famosi “sette colli”) intervallati da strette valli con poche pianure. …"

Roberto Schipa

Giornalista Pubblicista

"È la stampa bellezza, la stampa e tu non ci puoi far niente, niente".
(Dal Film L’ultima minaccia - New York 1952)

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